sabato 20 dicembre 2008

''VOGLIO PARLARE CON DIO''




di GIORGIO SAVIANE


Ecco forse l'unico struggimento, il desiderio di voler ricordare tutto: le vie percorse, i paesi, i giochi, il latino, il greco, le donne, e la consapevolezza di non riuscirci. Ma per arrivare al fuoco dell'amore non occorre vagare per le strutture degli atomi e gli spazi stellari, né inventariare i materiali di un'intera esistenza: basta sprofondarsi nel cuore degli uomini.
Non è forse utopia voler parlare con Dio, in una sorta di epistemologia salvifica? In questo struggente racconto narrativo, che risuona come il bilancio di tutta un’esistenza, lo scrittore giunge al punto d’approdo più alto delle sue capacità sensoriali e visionarie, immerso nell’avventura della carne che si tramuta in energia spirituale, e utopicamente galoppa nella velocità della luce e nella fisica quantistica.
Non è un mistero che per Saviane si potesse spiegare l’esistenza di Dio con lo spirito immortale e invisibile che tiene unita la materia, ma era lui stesso a dire che l’uomo deve ancora progredire molto per capire Dio e, aggiungiamo noi, per elevarsi al di sopra delle speranze. Ma con quale Dio parlare? Gandhi lo sentiva ogni giorno come un flusso, un velo, un’onda bianca e soffice. Forse quando uno è colmo di dolore non riesce a portarne il peso. E però alzare il capo e guardare il cielo lo stesso. E’ lì Dio, si chiede Saviane? Non perdersi nell’impossibile e nell’ipotetico per rendersi testimoni di un piccolo esistere degli uomini che non saprebbero di essere l’universo.
In conclusione, è facile rendersi conto che ci troviamo di fronte ad uno scrittore, come sosteneva Carlo Salinari, del tutto atipico. Il cammino di Giorgio Saviane è stato solitario, ai margini della letteratura ufficiale. Ha cercato di far valere nuove istanze culturali nel segno di un’ideologia umanistica, con valori autentici che gli permettessero di scavare in profondità nel culto della ragione e dell’impossibile per rovesciare alcune idee diffuse nell’uomo, negative, ostative. Saviane ha tentato di annullare delle norme consolidate, lo ha fatto letterariamente, ma in un contesto di civiltà da mutare, come stimolo alla realtà tangibile. La sua utopia è la battaglia contro la cronaca del tempo, contro la storia presente e sempre in fuga, in un’immagine sovrastorica che contenga le pulsioni liberatorie per un diritto alla felicità, che è l’ultima grande scommessa da vincere. Per questo si dovrebbe far largo ad un nuovo Dio, scriveva nel 1973 Saviane, che arricchisca della nostra individualità l’intelligenza del microcosmo e chissà, magari anche delle sterminate galassie.