giovedì 23 agosto 2012

JULIUS EVOLA E RENE' GUENON: I MAESTRI DELLA TRADIZIONE CONTRO IL MONDO MODERNO.

 

René Guénon e Julius Evola rappresentano due pilastri del pensiero tradizionalista del XX secolo, figure che, pur con percorsi e prospettive distinti, hanno lasciato un’impronta indelebile sulla cultura politica della destra radicale e conservatrice. Entrambi hanno dedicato la loro vita a una critica feroce della modernità, proponendo una visione del mondo radicata in una "Tradizione" metafisica e sovrastorica, opposta al materialismo, al progressismo e alla decadenza dell’Occidente contemporaneo. Questo articolo esplora le loro biografie, il loro pensiero unico, le opere principali, i trascorsi personali e politici – con un focus sul loro rapporto con fascismo e nazismo –, le connessioni di intenti e le inevitabili divergenze, offrendo un ritratto completo di due giganti intellettuali che continuano a ispirare movimenti identitari e reazionari in tutto il mondo.
Biografie: Due vite al confine tra visibile e invisibile
René Guénon (1886-1951) nasce a Blois, in Francia, in una famiglia cattolica di modeste origini. La sua formazione iniziale è segnata da un interesse precoce per la matematica e la filosofia, ma presto si volge verso l’esoterismo e le tradizioni orientali. Negli anni giovanili frequenta circoli occultisti parigini, come la scuola martinista di Papus, ma ben presto si distacca da queste esperienze, giudicate superficiali, per approfondire lo studio delle dottrine metafisiche dell’India (Vedanta) e della Cina (Taoismo). Nel 1912 si converte all’Islam, assumendo il nome di Abdel Wahid Yahia, e nel 1930 si trasferisce al Cairo, dove vivrà fino alla morte, immerso in un’esistenza ritirata e contemplativa. Guénon non fu mai un uomo d’azione: il suo ruolo fu quello del "brahmano", il sapiente che illumina attraverso la scrittura e la speculazione.
Julius Evola (1898-1974), al secolo Giulio Cesare Andrea Evola, nasce a Roma da una famiglia siciliana di nobili origini. La sua giovinezza è segnata da un eclettismo intellettuale: partecipa alla Prima Guerra Mondiale come artigliere, si avvicina al Futurismo e al Dadaismo (conoscendo figure come Tristan Tzara), e sviluppa un interesse per la filosofia idealista e Nietzsche. Dopo un periodo di crisi esistenziale, che lo porta sull’orlo del suicidio, Evola abbandona l’arte per dedicarsi alla speculazione filosofica e all’esoterismo. Influenzato da Guénon, con cui intrattiene un lungo carteggio, si definisce un "kshatriya", un guerriero spirituale, e si impegna in un’azione culturale e metapolitica che lo porterà a dialogare (e spesso a scontrarsi) con il fascismo e il nazionalsocialismo. Paralizzato dalle gambe a seguito di un bombardamento nel 1945 a Vienna, trascorre gli ultimi anni in isolamento a Roma, scrivendo e ispirando generazioni di giovani della destra radicale.
Il pensiero: La Tradizione come baluardo
Il pensiero di Guénon ed Evola si fonda su un concetto condiviso: la "Tradizione" come ordine eterno e trascendente, antitetico alla modernità. Per entrambi, l’Occidente contemporaneo è il frutto di un processo di decadenza iniziato con il Rinascimento, accelerato dall’Illuminismo e culminato nel materialismo del XX secolo. Tuttavia, le loro prospettive differiscono nel metodo e negli obiettivi.
Guénon elabora una metafisica pura, basata sull’idea che esista una "Tradizione primordiale" comune a tutte le civiltà, i cui principi universali si manifestano nelle grandi religioni e dottrine esoteriche (Induismo, Islam, Taoismo, Cristianesimo medievale). La modernità, per Guénon, è una deviazione patologica, un’"inversione" che ha sostituito il sacro con il profano, la qualità con la quantità, l’autorità spirituale con il potere temporale. Nel suo sistema, la salvezza individuale passa attraverso l’adesione a una via iniziatica autentica, come il Sufismo, che egli praticò personalmente.
Evola, pur condividendo la diagnosi guénoniana della crisi, adotta un approccio più dinamico e "guerriero". La sua "Tradizione" non è solo contemplativa, ma anche operativa: si traduce in una visione gerarchica, aristocratica e virile della società, ispirata a miti come quello dell’Impero Romano o delle caste indoeuropee. Evola introduce il concetto di "razzismo spirituale", distinguendosi dal razzismo biologico nazista: per lui, la superiorità non risiede nei geni, ma nell’anima e nello spirito, che devono essere coltivati attraverso disciplina e ascesi. La sua critica alla modernità si estende al capitalismo, al consumismo e persino al fascismo di massa, che giudica troppo "plebeo".
Le opere: Testamenti di una rivolta spirituale
Le opere di Guénon ed Evola sono il cuore della loro eredità. Tra i testi principali di Guénon spiccano La Crisi del Mondo Moderno (1927), dove analizza la degenerazione dell’Occidente, e Il Regno della Quantità e i Segni dei Tempi (1945), un’analisi profetica della fine del ciclo storico. Altre opere, come Oriente e Occidente (1924) e Autorità Spirituale e Potere Temporale (1929), delineano il primato della dimensione metafisica su quella politica.
Evola risponde con Rivolta contro il Mondo Moderno (1934), che molti considerano un’espansione della Crisi guénoniana, ma con un’impronta più militante. Qui divide la storia in due età: l’"età dell’oro" delle civiltà tradizionali e l’"età oscura" della modernità. Altre opere chiave includono Cavalcare la Tigre (1961), un "manuale per l’anarchico di destra" che invita a resistere interiormente al collasso moderno, e Metafisica del Sesso (1958), un’indagine esoterica sulla sessualità come via trascendente. La sua traduzione controversa de Il Tramonto dell’Occidente di Spengler (1957) riflette la sua tendenza a piegare i testi altrui alla propria visione.
Trascorsi personali e politici: Tra contemplazione, azione e il rapporto con fascismo e nazismo
Guénon mantenne una vita ritirata, evitando ogni coinvolgimento politico diretto. La sua influenza sul piano culturale fu tuttavia enorme: le sue idee ispirarono circoli esoterici e, indirettamente, ambienti conservatori che vedevano nell’Islam una barriera contro il progressismo occidentale. Riguardo al fascismo e al nazismo, Guénon fu inequivocabilmente critico. Prima della Seconda Guerra Mondiale, li considerava espressioni degenerate della modernità, prive di autentica base spirituale e troppo legate al culto del potere temporale e alla mobilitazione di massa. Durante il conflitto, dal suo esilio al Cairo, non prese posizione attiva, mantenendo un silenzio che rifletteva il suo disinteresse per le contingenze storiche. Dopo la guerra, la sua critica si estese al mondo bipolare, vedendo sia il blocco capitalista che quello comunista come facce della stessa decadenza materialista. Il suo distacco dai regimi totalitari fu costante: per Guénon, la Tradizione non poteva essere incarnata da ideologie politiche, ma solo da un’élite iniziatica.
Evola, al contrario, fu molto più coinvolto nel panorama politico del suo tempo, con un rapporto complesso e altalenante con fascismo e nazismo. Prima della Seconda Guerra Mondiale, Evola cercò di influenzare il fascismo italiano verso una direzione più radicale e spirituale. Negli anni ’20 fondò la rivista La Torre, promuovendo un "fascismo aristocratico" che si opponeva al populismo di Mussolini. Questo progetto, però, naufragò rapidamente: nel 1930 il regime lo censurò, e Achille Starace ordinò la chiusura della rivista, vedendo in Evola un elemento destabilizzante. Nonostante ciò, negli anni ’30 Evola trovò un alleato in Roberto Farinacci, collaborando al "Diorama Filosofico" della Scuola di Mistica Fascista. Pubblicò Imperialismo Pagano (1928), un appello per un fascismo anti-cristiano e neo-pagano, ma il testo fu ignorato dal regime, che preferiva l’alleanza con la Chiesa cattolica. Nei confronti del nazismo, Evola mostrò interesse per la Rivoluzione Conservatrice tedesca e per le SS, ammirandone l’élitismo e il simbolismo esoterico. Visitò la Germania negli anni ’30, tenendo conferenze, ma i nazisti lo guardarono con sospetto: il suo "razzismo spirituale" contrastava con il razzismo biologico di Rosenberg e Himmler lo giudicò un pensatore eccentrico, troppo lontano dalla linea ufficiale.
Durante la Seconda Guerra Mondiale, Evola intensificò il dialogo con i regimi dell’Asse. In Italia, dopo la caduta di Mussolini nel 1943, si avvicinò alla Repubblica Sociale Italiana (RSI), vedendola come un’opportunità per radicalizzare il fascismo. Collaborò con le autorità tedesche a Roma, lavorando come consulente culturale, e si recò a Vienna nel 1945 per studiare gli archivi delle SS, dove fu ferito durante un bombardamento alleato, restando paralizzato. Tuttavia, anche in questa fase, il suo rapporto con i nazisti rimase ambivalente: le SS lo apprezzavano per le sue teorie sulle razze spirituali, ma lo tenevano a distanza per la sua indipendenza intellettuale.
Dopo la guerra, Evola divenne un’icona della destra neofascista italiana, pur mantenendo un distacco aristocratico dalla militanza diretta. Influenzò gruppi come il Movimento Sociale Italiano (MSI) e ambienti extraparlamentari, come Ordine Nuovo e i NAR, ma criticò aspramente la democrazia e il "fascismo nostalgico", considerandoli incapaci di incarnare la Tradizione. Riguardo al nazismo, prese le distanze dal suo fallimento storico, vedendolo come un esperimento tradito dalla sua deriva materialista e totalitaria. In Cavalcare la Tigre, propose una strategia di resistenza interiore, abbandonando ogni illusione di restaurazione politica immediata.
Connessioni di intenti: Un fronte comune contro la decadenza
Il legame tra Guénon ed Evola è evidente nella loro critica condivisa della modernità e nella centralità della Tradizione. Guénon fu una guida per Evola: fu grazie al consiglio di Arturo Reghini che Evola lesse La Crisi del Mondo Moderno, un testo che lo spinse a rivedere le tesi di Imperialismo Pagano e ad abbracciare una visione più universale della Tradizione. I due intrattennero un carteggio cordiale fino alla morte di Guénon, e Evola contribuì a diffondere il pensiero guénoniano in Italia traducendo e citando le sue opere.
Entrambi vedevano la modernità come un’"età oscura" (Kali Yuga) e auspicavano un ritorno ai principi metafisici. La loro influenza si estende oggi a movimenti tradizionalisti, identitari e persino sovranisti, da Aleksandr Dugin in Russia a Steve Bannon negli Stati Uniti, che vedono in loro una bussola per un’Europa riscoperta nelle sue radici spirituali.
Divergenze: Il brahmano e il kshatriya
Le differenze tra Guénon ed Evola emergono nel temperamento e nella strategia. Guénon, il "brahmano", privilegiava la contemplazione e l’adesione a una via iniziatica ortodossa, rifiutando ogni compromesso con la politica. Evola, il "kshatriya", cercava un’azione metapolitica, un intervento attivo per orientare la cultura e la società verso i principi tradizionali. Mentre Guénon si ritirò al Cairo vivendo l’Islam come pratica quotidiana, Evola restò in Europa, teorizzando una resistenza "eroica" alla modernità.
Un altro punto di divergenza è il rapporto con la religione. Guénon accettava le grandi tradizioni ortodosse (incluso il Cristianesimo), mentre Evola le criticava spesso, preferendo un paganesimo idealizzato e una spiritualità individualista. Sul piano politico, Guénon rigettò ogni ideologia, inclusi fascismo e nazismo, mentre Evola flirtò con questi regimi, pur mantenendo una postura critica e autonoma.
Conclusione: Un’eredità viva e controversa
René Guénon e Julius Evola incarnano due volti della Tradizione: l’uno mistico e universale, l’altro militante e aristocratico. Il loro rapporto con fascismo e nazismo riflette questa dicotomia: Guénon li respinse come aberrazioni moderne, mentre Evola vi vide un potenziale trasformativo, salvo poi distaccarsene per i loro limiti. Le loro opere, pur datate, parlano ancora a chi rifiuta il materialismo e il globalismo, offrendo una visione alternativa che sfida il progressismo dominante. La loro influenza sulla destra politica – dalla critica al consumismo alla riscoperta dell’identità spirituale – è innegabile, ma solleva anche interrogativi: può la Tradizione essere un progetto concreto, o resta un sogno metafisico? La risposta, forse, sta nel dialogo tra il brahmano e il kshatriya, tra il cielo di Guénon e la terra di Evola. 
(Diego Di Giuseppe Stefanori - Pres. Mystery Investigation & Research MIR / Mondo Arcano)

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