lunedì 10 agosto 2009

Luna, Marte, E.T.: un invito a "incontri lontani"



“Incontri lontani” è il suggestivo titolo che Giancarlo Genta ha dato al suo ultimo libro, pubblicato dall’editore Lindau. Questo volume è al momento la sintesi più completa e aggiornata di quel nuovo settore della ricerca che si chiama bioastronomia: in 390 pagine analizza con rigore scientifico la complessa questione se esista vita intelligente nell’universo, quali aspetti possa assumere e come sia possibile per noi eventualmente entrare in contatto con civiltà aliene. 

Professore ordinario al Politecnico di Torino, autore di oltre 200 lavori scientifici, attivo nel campo della robotica e della meccatronica, presidente del Centro Italiano Studi SETI e membro dell’Accademia Internazionale di Astronautica, Giancarlo Genta conosce ovviamente molto bene i rischi del tema che affronta. La confusione con Ufo e omini verdi è sempre in agguato quando si parla di vita aliena. Qui però siamo ben vaccinati, tant’è vero che nel libro troviamo anche un “intermezzo” dal titolo “La ricerca della stupidità terrestre”.

Dopo aver esaminato le implicazioni storiche, filosofiche e religiose di una eventuale vita intelligente aliena, Genta si mantiene saldamente ancorato alla Terra per esaminare, in via preliminare, l’enorme varietà di forme viventi che si sono sviluppate nell’ecosistema del nostro pianeta. C’è una tale diversità, tra un microrganismo, un albero, un fungo, un pesce, un uccello e un mammifero, che pure si sono evoluti in condizioni ambientali tutto sommato molto simili e ristrettissime, che la fiducia nell’esistenza di altre forme viventi nell’immensità dell’universo non può che rafforzarsi. La scoperta di pianeti extrasolari, e la prova che non si tratta di eccezioni ma della regola, negli ultimi anni ha confermato questa fiducia. Di qui Giancarlo Genta passa poi alle ipotesi sulla vita extraterrestre e ai tentativi di stabilire un contatto, cioè ai programmi di ricerca SETI dei quali proprio cinquanta anni fa Frank Drake fu pioniere con il Progetto OZMA. Ma prima ancora, ricordiamolo, il nostro Giuseppe Cocconi, fisico delle particelle al Cern scomparso di recente, e il suo collega Philip Morrison, con una lettera su “Nature” avevano suggerito le lunghezze d’onda sulle quali si poteva sperare di captare un segnale intelligente proveniente dallo spazio.

Visionaria ed entusiasmante è la conclusione che si legge nelle ultime righe dell’Epilogo che sigilla il libro: “In mancanza di un termine che sintetizzi l’essenza di un essere vivente autocosciente e intelligente, l’uomo dovrà estendere il significato di umano sino a includere tutte le specie intelligenti. La scoperta di intelligenze extraterrestri non sarà quindi un incontro tra uomini e alieni, ma tra uomini della Terra e uomini provenienti dalle profondità dello spazio”.

Chi avverte il fascino di questa prospettiva sarà interessato a sapere che “Incontri lontani” è anche il titolo di un ciclo di tre conferenze che Giancarlo Genta terrà prossimamente al Planetario Infini.To di Torino (www.planetarioditorino.it). La prima riguarderà i progetti di ritorno alla Luna (22 gennaio), la seconda uomini e robot nell’esplorazione del Sistema Solare (12 febbraio) e la terza proprio la ricerca di vita intelligente nel cosmo 26 febbraio).

Un uomo non può saltare sulla Luna. Benché l'affermazione sembri ovvia, il fisico americano Frank J. Tipler ne ha fornito una pignola dimostrazione. Per sfuggire all'attrazione della Terra il nostro saltatore deve raggiungere la velocità di 11 chilometri al secondo. Una persona di 50 chili che si muova a 11 chilometri al secondo ha una energia cinetica corrispondente al consumo di 760 mila calorie. Un chilogrammo di grasso ha un valore energetico di 9000 calorie, proteine e carboidrati circa la metà. Anche se il nostro saltatore fosse fatto interamente di grasso e riuscisse a trasformarlo completamente e istantaneamente in energia cinetica, svilupperebbe soltanto 460 mila calorie. Che non gli basterebbero per saltare sulla Luna. Inoltre l'accelerazione schiaccerebbe il saltatore. Il balzo comporterebbe di raggiungere la velocità di fuga in un decimo di secondo, il che equivale a 11 mila volte l'accelerazione di gravità, ma a 10 volte gli astronauti perdono già coscienza e a 20 l'organismo collassa. Dunque per conquistare lo spazio è inutile spiccare salti: la natura non ha concepito l'uomo in funzione dei viaggi spaziali. Ma dandogli l'intelligenza gli ha fornito lo strumento necessario per aggirare i suoi limiti fisici. Tant'è vero che l’uomo è già andato sulla Luna, molte navicelle hanno esplorato il sistema solare e un giorno forse avremo sonde interstellari.

A lungo termine sono immaginabili sonde che si autoriparano e addirittura che si riproducono utilizzando materiali dei pianeti più lontani grazie a una sorta di DNA informatico. John von Neumann (1903-1957) fantasticò di robot capaci di duplicarsi e di colonizzare la galassia. Frank Tipler, benché non abbia fiducia nei salti, sostiene che ciò non solo è possibile, ma rientra nell’inevitabile destino dell'umanità.

Certo per i viaggi spaziali del futuro i sistemi di propulsione dovranno evolversi radicalmente. La soluzione ultima in fatto di propulsione sarebbe un motore che utilizzasse l'annichilazione tra materia e antimateria. Concettualmente non è impossibile. A Ginevra, già nel 1994, un gruppo di fisici del Cern guidato dal tedesco Walter Oelert e dall'italiano Mario Macrì è riuscito a creare atomi di anti idrogeno. In esperimenti successivi, ne hanno messi insieme mucchietti di parecchie decine di migliaia. Di qui ad accumulare stabilmente un granello di antimateria la strada è lunga. Ma a parte le enormi difficoltà tecnologiche, c'è un aspetto economico: anche ammettendo che in un futuro lontano i fisici riescano a industrializzare la produzione di antimateria abbattendone i costi, si stima che il prezzo di un milligrammo di anti idrogeno sarebbe pur sempre di un milione di dollari.

Durante un congresso organizzato dalla Nasa a Cleveland nell'agosto 1997 si è tuttavia suggerito un trucco per aggirare il problema: secondo un'idea avanzata da Miguel Alcubierre, invece di far muovere il razzo nello spazio-tempo, si potrebbe far muovere lo spazio-tempo davanti al razzo. Cadrebbe così anche il limite della velocità della luce, e se Maometto non può andare alla montagna, sarà la montagna ad andare da lui. Alla stessa famiglia di idee folli e geniali appartiene la soluzione basata sul ricorso a buchi neri che mettano in comunicazione diretta luoghi dello spaziotempo in realtà lontanissimi se si seguono percorsi convenzionali: un po' come una matita non può impiegare meno di un dato tempo per tracciare una riga da un estremo all'altro di un foglio di carta, ma il limite non sussiste più se si avvolge la carta in modo da accostare i due punti.

di Piero Bianucci (de La Stampa)