giovedì 9 ottobre 2008

FRA MORIALE. L’ANTICRISTO DELLA MARCA





FRA MORIALE. L’ANTICRISTO DELLA MARCA
Una feroce vicenda del Trecento. La pagina più cupa della storia medievale dell’Italia centrale.
(di Gabriele Petromilli)

Nel 1353 la Marca di Ancona, precisamente il territorio compreso tra Pesaro e Fermo, veniva profondamente scosso dalle gesta brutali della compagnia d’arme di Montréal d’Albarne. Le sue milizie, alle quali si unirono quelle del così chiamato Conte Lando attaccarono, espugnarono e talvolta ridussero in macerie quarantatre centri abitati tra città, castelli e borgate. Razziarono bestiame e denaro, uccisero o resero servi almeno tremila abitanti, vecchi donne e fanciulli, la cui unica colpa era stata quella di essersi trovati nel punto e nel tempo sbagliati. Tanta fu la violenza e la crudeltà mostrata da Montréal d’Albarne che il vescovo di Camerino del tempo, durante una pubblica omelia, paragonò il condottiero all’Anticristo disceso sulla terra.
Montréal du Bar d’Albarne era di origini provenzali. Era nato nelle vicinanze della città di Narbona, ad Albarne, in un anno imprecisato della prima decade del secolo quattordicesimo. Poco più che adolescente era diventato cavaliere dell’Ordine Gerosolimitano Ospedaliero e, come tale, aveva assunto i voti religiosi canonici. Ma nel 1318 aveva gettato il mantello alle ortiche, si dice per protesta contro la sospensione dell’Ordine Templare voluta da papa Clemente V. Seguendo lo stile di vita del cavaliere ramingo, più tardi prese a seguire l’armata mercenaria dell’inglese Francis Hackwood, il nonno del più tristemente famoso John, conosciuto dagli italiani con il nome di Giovanni Acuto. Dal ripudio dei voti monacali gli derivò il soprannome di “fra” Moriale, e come tale rimase comunemente noto nella nostra penisola. Peraltro, non risulta avere alcuna valenza storica la tradizione che lo vuole naufrago nei lidi di Ostia, poi soccorso da un cavaliere gerosolimitano che lo avrebbe successivamente introdotto nella casa precettoriale dell’Ordine dell’Ospedale di Napoli.
E’ tuttavia certo che dopo il 1340 avesse messo insieme una propria compagnia di mercenari composta principalmente da elementi tirolesi e veneti. Con la sua “grande compagnia” d’armi partecipò in modo episodico alla campagna militare per la successione al trono nel Regno di Napoli al soldo di Luigi d’Angiò, re d’Ungheria. Dopo piccoli successi militari nel territorio beneventano, Montréal fu costretto a ritirarsi nella zona di Aversa, pressato come era dalle milizie regolari del capitano Galeotto Malatesta. Assediato in questa città del casertano, Moriale dovette riparare in Umbria in maniera assai fortunosa e rocambolesca.
Nel periodo successivo la guerra di Napoli cominciò ad accarezzare il progetto di creare una propria signoria nelle zone di confine tra Toscana, Romagna e Marche. Pose dapprima quartiere a Foligno, poi a San Sepolcro di Arezzo ed infine a Verucchio, nel riminese. Per raggiungere il suo fine condusse una sottile politica diplomatica verso la famiglia da Montefeltro di Urbino ed addirittura verso i suoi nemici di sempre, i Malatesta da Rimini. Ma i rapporti vennero ruvidamente interrotti, contro la sua volontà, a causa sia di un matrimonio ostacolato e malfinito di suo nipote, sia di un omicidio compiuto dal fratello Annibald in una rissa per gioco d’azzardo. In questo periodo di tempo Montréal intrecciò rapporti economici anche con il tribuno romano Cola di Rienzo, al quale diede in prestito una forte somma di denaro per finanziare certi movimenti religiosi gioachimiti della Maiella. Furono questi soldi che determinarono la fine di Montréal alcuni anni più tardi.
Nel ricco centro di Fermo, dopo l’anno 1350, il signorotto locale Gentile da Mogliano aveva rimosso drasticamente l’egemonia politica della casata Malatesta sulla città. La reazione non tardò ad arrivare. Un potente esercito malatestiano invase il territorio della Marca e pose d’assedio Fermo nonostante i negoziati conciliatori del papa, allora residente ad Avignone. Gentile, assai più debole militarmente e meno protetto dei Malatesta sotto l’aspetto politico, si rivolse a Montréal d’Albarne affinché, dietro compenso, corresse in aiuto della città ed eliminasse il pericolo incombente. Forse sollecitato dai fratelli sempre bramosi di denaro, forse perché in quel momento era l’unico capitano di ventura disposto a combattere i potenti signori di Rimini, Montréal accettò l’offerta. Riunita in fretta una compagnia di oltre duemila uomini bene armati, fra Moriale iniziò la marcia verso Fermo attraverso i territori della Marca.
Partì nei primi giorni dell’autunno 1353 da Mombaroccio, un popoloso centro abitato nelle vicinanze di Pesaro. Attaccò e conquistò per prima la roccaforte malatestiana di Fratterosa. Poi fu la volta di Filottrano e dei castelli limitrofi, dove compì un massacro tra la popolazione civile. Si dice che in un solo giorno avesse fatto passare a filo di spada almeno seicento persone. Gli eccidi, le devastazioni e le ruberie delle milizie di Moriale continuarono lungo la dorsale collinare e costiera marchigiana verso meridione, nelle campagne e nei centri abitati alleati, oppure soltanto controllati, dai Malatesta: Mondavio e Mondolfo, Sirolo e Numana, Loreto e Castelfidardo furono i castelli più pesantemente colpiti dalla furia devastatrice di Moriale e del Conte Lando, un altro capitano di milizie mercenarie operante nell’Italia centrale che si era affrettato a correre in aiuto del vincitore. La marcia verso Fermo si fermò a Sant’Elpidio, allora popoloso borgo costiero nelle vicinanze di Fermo, dove ottenne un ingente riscatto dalla popolazione affinché rinunciasse a compiere un’altra strage.
Montréal d’Albarne non entrò in armi a Fermo. Appagato dalle ricchezze accumulate nelle scorrerie e con i riscatti, l’anticristo della Marca disciolse in fretta la sua compagnia d’armi. D’altronde i Malatesta avevano nel frattempo rinunciato, almeno per il momento, alla riconquista di Fermo ed il loro esercito aveva tolto l’accerchiamento alla città ritirandosi in ordine verso nord.
Conclusa l’avventura marchigiana, Montréal dopo poche settimane si recò a Roma per ottenere da Cola da Rienzo la restituzione del prestito pregresso. Cola era nel frattempo rientrato nella capitale dalla Francia, da trionfatore, con l’appoggio militare del delegato pontificio Egidio Albornoz. Ma la mossa di Montréal si rivelò davvero infelice.
Cola di Rienzo si trovava in quel momento all’apice del potere. Dalla sua posizione poté facilmente tramare contro Montréal per sottrarsi alla restituzione del maltolto. Finì per farlo incriminare per alto tradimento e per apostasia religiosa. A nulla valse l’accorata difesa processuale redatta addirittura da un frate domenicano, tale fra Luca da Spello. Montréal d’Albarne fu condannato a morte. Venne decapitato pubblicamente a Roma, si dice nei pressi di Campo dei Fiori, nel febbraio del 1354. Tre mesi dopo la medesima sorte capitò allo stesso Cola di Rienzo, le cui fortune erano improvvisamente mutate a causa delle sue intemperanze.
Finì in modo tragico la vita di Moriale di Franza, così come l’aveva crudelmente vissuta. Indubbiamente figlio dei tempi in cui visse ed operò, le sue imprese sono rimaste impresse nell’immaginario delle genti marchigiane. Sulla sua figura il popolo ha costruito leggende e creato tradizioni, tragiche e suggestive. Tanto che il nome di fra Moriale compare ancora oggi come denominazione di agriturismi, di vini e di ricette gastronomiche marchigiane. Perfino nel dialetto e nella intestazione delle vie di alcuni paesi.
N.B. Il testo completo della ricerca storica su fra Moriale è distribuito in e-book. Per informazioni sull’acquisto, vedere il sito "Informazioni Templari".