La Turritopsis nutricula è una stranissima creatura. Non lasciatevi ingannare dalla sua apparenza, che già può risultare curiosa: le meduse sono sempre state spettacolari nelle loro movenze e nel loro aspetto.
Tuttavia la Turritopsis nutricula nasconde un altro segreto, ben più interessante del suo aspetto: in breve, è virtualmente immortale.
Sebbene non si tratti del concetto comune di immortalità, la Turritopsis nutricula è quanto di più vicino ci possa essere a quell’idea.
La Turritopsis nutricula è una piccola medusa con un “cappello” a forma di campana, dal diametro massimo di 5 millimetri in età adulta. In fase giovanile ha un diametro di circa 1 millimetro ed ha a disposizione otto tentacoli, utilizzati per l’attività predatoria; i tentacoli diventano invece 80-90 allo stadio di maturità, per nutrirsi più efficacemente di plancton.
Come ogni medusa, la Turritopsis nutricula attraversa due stadi di sviluppo: lo stadio immaturo (polipo), durante il quale è soltanto un piccolo organismo dotato di pochi tentacoli; e la fase adulta (medusa), durante la quale si trasforma da piccolo polipo a medusa.
Fin qui pare tutto nella norma. Ma se andiamo a considerare l’aspettativa di vita di una normale medusa, che va da poche ore a qualche anno per le specie più grosse, ecco che arriva la sorpresa.
La Turritopsis nutricula ha scoperto un modo per ingannare la morte invertendo il suo processo di sviluppo.
La medusa in questione è infatti in grado di tornare allo stadio di polipo dalla fase adulta, sfuggendo alla morte attraverso un processo che la fa ritornare giovane. Questo meccanismo, chiamato transdifferenziazione, comporta la trasformazione di cellule non staminali in un tipo differente di cellula. Cellule già specializzate, insomma, ritornano indietro nel tempo divenendo non specializzate.
Il processo di transdifferenziazione non è così raro in natura: si può osservare in altri animali, ma generalmente è un fenomeno localizzato, come ad esempio la rigenerazione di parte di un organo. Si tratta quindi di un meccanismo limitato, osservato per esempio nelle salamandre, in grado di rigenerare alcuni arti, o nelle pareti dell’esofago di ruminanti e cani.
La Turritopsis nutricula invece può eseguire questa trasformazione su tutto il suo corpo, ed indefinitamente, il che la rende virtualmente immortale.
O meglio, sarebbe immortale se solo non fosse soggetta a tutti i rischi derivanti dal vivere nell’oceano: divenire preda, o venire colpita da malattie di varia natura.
La Turritopsis nutricula è comune nei Caraibi, ma può essere trovata in molte zone temperate, grazie alla diffusione su larga scala avvenuta attraverso gli scarichi delle navi provenienti dalle zone tropicali. Tant’è che si parla già di “invasione silenziosa” di questo organismo, come sostiene la dottoressa Maria Pia Miglietta dello Smithsonian Tropical Marine Institute.
Stravaganze a Dublino.
SAN MICHELE E LA MUMMIA DEL TEMPLARE
Nella zona di nord ovest della città di Dublino, capitale della Repubblica d’Irlanda, si erge la monumentale chiesa di Holy Michael, risalente al secolo diciassettesimo nei suoi elementi architettonici essenziali. Sotto la pavimentazione del sacro edificio si apre però un dedalo di vani cupi e tetri che gli storici locali chiamano con il semplice termine di cripta. Questi ambienti, più vetusti della costruzione soprastante, furono edificati in stile gotico sui resti di una vecchia foresta di querce sul finire del secolo quattordicesimo. Le cripte della chiesa sono oggi famose perché conservano ossa umane in numero impressionante, le quali peraltro costituiscono uno dei vanti archeologici della metropoli irlandese.
Tra i resti compaiono anche mummie che, a detta degli esperti in materia, risultano essere molto ben conservate. Sarebbe il microclima venutosi a creare nei secoli nel sottosuolo dell’edificio ad avere reso possibile la conservazione ottimale dei corpi: l’esalazione dei legni rimasti sepolti, in concomitanza con i materiali di costruzione della cripta, avrebbe resa minima la formazione di ossigeno e, dunque, la decomposizione dei cadaveri.
Tra le mummie in esposizione ne esiterebbe una che hanno soprannominato affettuosamente Jack il Crociato. Sarebbe di un cavaliere templare tornato in patria dopo la caduta di Acri nel 1291, quantunque la realtà non sia affatto esaustiva, come il resto dei racconti ai quali il templare è stato collegato. Secondo la leggenda, inventata da chissà chi e per quali nascoste ragioni, Jack sarebbe stato un alchimista capace di trasformare i metalli vili in oro massiccio. Avrebbe appreso quest’arte da un vecchio sapiente siriano che, in punto di morte, gli avrebbe svelato i segreti reconditi della natura delle cose. Tornato in Irlanda ormai avanti negli anni, il cavaliere templare avrebbe gettato alle ortiche il bianco mantello, e per il resto degli anni si sarebbe dedicato anima e corpo alla fabbricazione della polvere da sparo, della quale avrebbe rifornito un pirata norvegese, rendendo questi ricco ed invincibile sul mare. In una sciagurata notte però, a Jack si sarebbero casualmente incendiati i materiali con i quali stava lavorando. Nel trambusto e negli scoppi che ne sarebbero seguiti, una grossa pietra sarebbe caduta sulla sua mano destra mozzandola di netto. Anche ora la mummia è priva di quella mano, come di entrambi i piedi amputatigli da morto perché, dice la leggenda, il suo corpo era troppo lungo per poter farlo entrare tutto intero nella bara.
Ma c’è un’altra peculiarità che rende significativa la leggenda di Jack il Crociato. Infatti è usanza per chi faccia visita alle mummie del sottosuolo di Holy Michael, di appressarsi al corpo di Jack e di stringere amichevolmente la mano che gli è rimasta. Congiuntamente all’atto di ossequio sarebbe bene chiedere come egli si trovi nell’altro mondo. Dice la tradizione che Jack apprezzi moltissimo tali riverenze e che, nelle sue possibilità di spirito errante, faccia di tutto dall’Aldilà per procurare benessere e fortuna a chi gli abbia stretto l’unica mano. La pratica di salutare in questo modo la mummia è talmente diffusa tra i turisti di Dublino che le autorità hanno dovuto vietarla per non recare danni a quanto rimane del corpo. Bensì, chi volesse, dovrebbe limitarsi a leggere un messaggio di auguri al templare alchimista, il cui testo predisposto è conservato a grandi caratteri ai piedi della mummia di Jack.
Gabriele Petromilli (M.I.R.)