giovedì 22 maggio 2008

"E' invisibile... E io lo fotografo lo stesso"



"Yanhua Shih: ho imparato a sfruttare le proprietà quantiche dei fotoni"

di Francesco De Petri
s (da "La Stampa" del 21/5/2008)

A scorrere il suo curriculum si rimane un po’ sorpresi. Il professor Yanhua Shih insegna fisica presso una prestigiosa università americana, la Umbc (University of Maryland, Baltimore County), è considerato uno dei maggiori scienziati di meccanica quantistica, dirige un importante centro di ricerca, eppure in questi giorni si trova a Torino per parlare di «ghost-imaging», la fotografia fantasma. Lui è un protagonista di «Quantum 2008: advances in foundations of quantum mechanics and quantum information with atoms and photons», organizzato dalla sezione torinese dell’Inrim (l’Istituto Nazionale di Ricerca Metrologica): se gli si chiede del suo ruolo di presunto «acchiappa-fantasmi», il professore scherza. «Il polverone con i colleghi italiani - dice - è inevitabile: la realtà, come ho spiegato nel mio intervento di ieri, è che la meccanica quantistica ci riserva ogni giorno nuove sorprese e queste, presto, avranno molte ricadute sulla nostra vita».

Già, ma in concreto, che cos’è il «ghost-imaging?». «Se dicessi che una fotocamera è in grado di scattare immagini di un oggetto, puntandola verso la sorgente di luce che lo illumina invece che verso l’oggetto stesso, quanti mi crederebbero? Il 99% della gente mi direbbe che è impossibile. Beh... invece l’abbiamo dimostrato sperimentalmente». Appena qualche settimana fa, infatti, Shih e i colleghi dell’Us Army Research Laboratory hanno scattato la foto di un soldatino di piombo, puntando la fotocamera verso la lampada che lo investiva a 45 centimetri di distanza: invece di una foto bianca, la sagoma del marine si era stampata in modo nitido, anche se un po’ minacciosa. Con questa tecnica, in futuro, si potranno fare istantanee di «cose» rese invisibili da fumo, nebbia o nuvole.

«Abbiamo sfruttato le proprietà non-locali di un sistema quantistico - spiega il professore -, anche se il tessuto teorico dietro a questo test non è nuovo. Già nel 1935 Einstein, con altri due studiosi, si era accorto che fenomeni non-locali potevano prendere corpo dalla meccanica dei quanti». Proprio la «non-località» sembra essere la chiave di tutto: al centro ci sono fenomeni che nel mondo dell’infinitamente piccolo non si circoscrivono a un raggio d’azione finito, ma influenzano i comportamenti dell’intero sistema fisico in cui sono immersi.

Avviene con l’«entanglement», il cosiddetto teletrasporto quantistico: è il fenomeno attraverso il quale è possibile veicolare informazioni a velocità di trasmissione che sono al momento inimmaginabili, prossime a quelle della luce (300 mila km/s). In questo caso, invece, gli esperti di ottica quantistica come Shih codificano l’informazione in particolari stati quantici di due o più particelle (generalmente fotoni o atomi), vale a dire registrano l’informazione in quella che è la «carta d’identità» di queste particelle. Successivamente, anche se separate per alcuni chilometri, queste riescono a mantenere i dati immagazzinati e, fatto incredibile, sono suscettibili di modificazioni. Un cambiamento di informazioni in una particella induce in automatico la stessa mutazione nell’altra particella. Questo bizzarro fenomeno è stato paragonato al teletrasporto della fantascienza: il trasferimento di un corpo che, dopo essersi smaterializzato, si ricostituisce altrove.

Tra foto fantasma e teletrasporto - per i non addetti ai lavori - sembra di essere finiti a un congresso di illusionisti. Niente di più falso. E’ tra la cinquantina di fisici riuniti fino a dopodomani a Torino che è racchiusa parte del prossimo futuro. Shih, infatti, sta sviluppando i primi network quantistici in collaborazione con il Nist, una delle maggiori organizzazioni di ricerca tecnologica del governo statunitense: queste reti sfruttano i segreti dell’ottica dei quanti e dell’«entanglement» e dovrebbero essere in grado di trasferire quantità enormi di dati in tempi minimi.

Le ricadute di questo «boost» tecnologico sono ancora, in buona parte, da studiare, sulla Terra e spazio. La Nasa, per esempio, punta alla telecomunicazione quantistica come strumento per «cablare» il Sistema Solare e imporre un decisivo salto di qualità alle esplorazioni spaziali. Nel frattempo, Shih e i suoi colleghi stanno portando avanti ricerca e dibattito, incentrato sulla caccia alle immagini. Fantasma, s’intende.

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